I voti troppo bassi vanno eliminati, scoraggiano gli studenti: ma i docenti non ci stanno

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È successo in un liceo di Milano, il Berchet, dove il preside ha proposto di escludere in sede di scrutinio i voti più bassi del quattro. Motivazione? “I due e i tre creano troppa frustrazione nei ragazzi”.

Un episodio questo, che ha riaperto il confronto sull’argomento da parte di chi, come questo preside, è convinto che i voti troppo bassi siano controproducenti e demotivanti e chi invece li considera uno strumento per spronare il ragazzo a dare di più. Quale sarà la giusta lettura? Sono davvero causa di perdita dell’autostima oppure è un fallimento da cui il ragazzo può partire per ritrovare l’impegno e la carica necessari? Chi è a favore della seconda ipotesi precisa anche che il voto basso, per essere utile, deve essere accompagnato da una spiegazione esauriente del docente sul motivo dell’insufficienza e da un aiuto concreto e pratico per risalire la china. Non basta dunque “giudicare”, ma è necessario poi aiutare a correggere il tiro.

Tuttoscuola ha svolto un rapido sondaggio tra gli insegnanti che, interpellati sul tema, hanno mostrato, soprattutto per quanto riguarda le scuole medie e superiori, una predisposizione ad usare tutti i voti disponibili nella scala di valutazione, anche i più bassi. La maggioranza dei docenti è convinta che per comunicare alle famiglie la gravità di una situazione scolastica sia necessario classificarla con dei voti molto bassi, come un due o un tre, per distinguerla da situazioni meno irrecuperabili. È una questione di trasparenza quindi, più che di sadismo fine a sé stesso.

Quello su cui tutti sono d’accordo è che l’assegnazione dei voti è solo uno dei compiti, e nemmeno il più importante, che spetta agli insegnanti, che in primis, devono essere guida ed esempio per i ragazzi e accompagnarli nella loro crescita con dedizione e impegno. Il voto è dunque un’assunzione di responsabilità da parte dello studente ma non deve diventare in alcun modo un’etichetta ingombrante.

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