Monitorare i tumori con una goccia di sangue: potrebbe essere possibile grazie ad un italiano

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Il concetto che muove questo progetto è quello legato al funzionamento del glucometro: oggi infatti per chi soffre di diabete è possibile tenere sotto controllo il proprio stato di salute grazie a questo apparecchio. Il glucometro è un dispositivo portatile e facile da usare, è sufficiente una puntura al dito, una goccia di sangue e da questa il paziente capisce se la dieta che sta seguendo è corretta e i valori sono nella norma o se invece è necessario rivolgersi al medico.

Il team del Dipartimento di Scienze e tecnologie chimiche dell’Università di Roma Tor Vergata è partita proprio da qui per studiare la realizzazione di kit diagnostici simili, semplici e a basso costo, per rilevare anche altre malattie, fino ad essere validi alleati nella diagnosi precoce dei tumori. A guidare questa iniziativa è il professor Francesco Ricci, che ha ricevuto anche un finanziamento dell’European Research Council.

«L’idea è quella di progettare un vero e proprio gene sintetico in laboratorio – ci spiega Ricci – Un gene che sia in grado di riconoscere il marker diagnostico e quindi produrre un segnale facilmente misurabile. Il gene verrà immobilizzato su di un chip sul quale verrà deposta una goccia di sangue. Se siamo in presenza del marker diagnostico che vogliamo analizzare il gene sintetico verrà attivato, portando alla sintesi di una proteina che ci darà un segnale per rilevare la presenza di una determinata malattia».

Ricci ha 41 anni e già nel 2014 ha ottenuto un primo starting grant dell’Erc: un finanziamento di 1,5 milioni di euro. Alle sue spalle ha anche un’esperienza come visiting professor presso l’Università della California a Santa Barbara.

Ed è proprio Ricci ha puntare l’attenzione su un problema strettamente italiano: «In Italia si fa ricerca di ottimo livello, com’è testimoniato dai risultati di quest’ultimo bando. Il problema è la mancanza di attrattività del nostro Paese per i ricercatori stranieri. Questo è dovuto al fatto che, in questo momento in Italia, trovare finanziamenti che non siano quelli della Comunità Europea, o delle Fondazioni come la IARC, è molto difficile».

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