“Alla fiera dell’est”: la filastrocca che allena la memoria

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La canzone “Alla fiera dell’est” è stata cantata centinaia di volte, da grandi e piccini, fa parte di quel repertorio musicale senza tempo, che continua a divertire nonostante il trascorrere degli anni e i cambi di generazione.
Per comporla Branduardi si ispira ad un canto pasquale ebraico che aveva come protagonista un capretto e non un topolino, nel quale veniva raccontato attraverso metafore la storia di Israele narrata nell’Antico Testamento.
Anche se sembra dunque una semplice filastrocca, in realtà il suo contenuto ha origini molto profonde, e soprattutto nasconde al suo interno una tecnica di memorizzazione di dati molto antica utilissima, oggi, a scuola. Consiste nel imparare a memoria un verso della canzone per volta, e ogni volta che lo si ripete, si aggiunge un nuovo verso a quello inziale, secondo la formula “e venne il cane, che morse il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò..”.
In questo modo, senza nemmeno rendersene conto, e soprattutto senza fatica, la mente registra a piccoli pezzettini ciò che deve memorizzare, e esercitandosi a ripeterlo ad ogni strofa, lo imprime meglio nella memoria. Usato a scuola, diventa un metodo efficace per memorizzare poesie molto lunghe ma anche semplicemente alfabeto e tabelline per i più piccoli.
E’ sempre utile inoltre ripetere ad alta voce ciò che si sta studiando, sia nella fase di lettura, sia in quella successiva di ripetizione.
Anche trascrivere il testo più volte può aiutare nella memorizzazione.
Infine, è costruttivo concedersi, ogni mezz’ora di studio, dieci minuti di pausa, in cui la mente possa ricaricarsi.
La regola più importante è avere tanto tempo a disposizione, quindi cominciare con anticipo lo studio del testo: in questo modo lo si potrà suddividere in piccole porzioni e imparane un pezzo alla volta, senza fretta.

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