Palmira. Da regina del deserto a terra di un triste episodio di morte

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Non si può parlare di Palmira senza che a questa si associ la figura di Khaled al-Asaad. Dalla data della sua morte, il 18 agosto 2015 tanto si è detto e tanto si è scritto divenendo lui stesso simbolo di una barbaria ingiustificata.  Quel sito era la sua casa e anche quando i miliziani dell’Isis erano alle porte della città lui ha preferito mettere in salvo i reperti della “sposa del deserto” piuttosto che scappare. Poco si conosce della sua vita personale. Nato a Tadmur, nome arabo dell’antica Palmira nel 1934, frequenta le scuole primarie per poi trasferirsi a Damasco e finire lì la sua istruzione.  Nel 1962 prende la laurea in Storia e pedagogia e comincia a lavorare per il Dipartimento dei Musei e delle Antichità come responsabile dei progetti di studio e ricerca fino alla nomina nel 1963 di Direttore del sito archeologico e del museo di Palmira.

Era un esperto di lingue antiche ed un eccellente epigrafista, la sua passione era riuscito a trasmetterla anche a due dei sui 11 figli che lavoravano lì come archeologi e uno era diventato anche direttore del sito. A ricordarlo come studioso serio ed appassionato, un uomo all’antica nei modi e nell’educazione sono due studiosi italiani entrambi legati a Khaled da rapporti di amicizia: Paolo Matthiae, professore e studioso di Vicino Oriente e Maria Teresa Grassi, ultima archeologa italiana ad aver lavorato nel sito siriano fino al 2010 in una missione dell’Università di Miliano. Asaad aveva mantenuto la carica di direttore sino al 2003 e nonostante l’avanzata età aveva continuato ad occuparsi fino agli ultimi suoi giorni del piccolo grazioso museo e dell’organizzazione e valorizzazione degli scavi. Secondo la Grassi era semplicistico chiamarlo solo direttore, la sua mediazione con le missioni straniere era stata fondamentale negli ultimi 50 anni, non solo per la sua capacità comunicativa ma anche perché memoria vivente di ogni pietra di Palmira. Aveva partecipato lui stesso come archeologo a molte missioni scrivendo un buon numero di pubblicazioni tra cui “Le sculture di Palmira. I principali scritti tadmurici a Palmira e nel mondo e “Zenobia”, regina di Palmira e sovrana d’Oriente che nel III secolo d.C. sfidò l’impero romano per difendere le sue terre.

Quale i motivi di questa uccisione e perché proprio un archeologo? Secondo Matthiae è sciocco ritenere che la vendita di reperti sia la prima o seconda fonte di finanziamento dell’Is, le motivazioni di questa esecuzione ricadrebbero sul fatto che l’anziano direttore sarebbe stato un collaborazionista del governo di al-Assad e che con il suo lavoro di tutela delle antichità avrebbe contribuito a dar risalto all’età dell’idolatria. Gli accusatori sostenevano inoltre che avrebbe tenuto per sè i luoghi dove erano stati nascosti i tesori più preziosi del museo preservandoli così da razzia e distruzione certa. Molti si chiedono il perché non sia fuggito quando ancora i miliziani non avevano preso d’assalto la città, e la sua presenza confermerebbe che probabilmente era sicuro che un semplice archeologo non aveva motivo di fuggire. Forse pensava che con la sua integrità morale avrebbe protetto da vicino i suoi luoghi, non temendo affatto per la sua vita. Come tutti gli archeologi responsabili era abituato a tenere rapporti con le autorità politiche, senza per questo far parte di una o di un’altra corrente politica, ma preferendo piuttosto una certa indipendenza. L’accusa di aver nascosto i tesori di Palmira è la conferma che Khaled al-Asaad non avrebbe mai tradito il suo lavoro.

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