Si impara sui banchi di scuola e non dai compiti a casa, lo dicono le statistiche

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La scuola è quasi finita e per molte famiglie italiane torna l’incubo dei compiti delle vacanze. Mamme e papà si preparano all’inondazione di letture e esercizi che ogni anno coinvolge milioni di alunni.

Ma è davvero così necessario tutto questo lavoro a casa?

Da una recente indagine internazionale sugli apprendimenti in Lettura dei bambini di quarta elementare, la cui banca dati è stata aggiornata qualche settimana fa, sembrerebbe proprio di no: i bambini che ricevono per casa una dose minima di compiti, e neppure ogni giorno, strappano punteggi superiori dei compagni che ne ricevono dosi massicce. L’Italia si colloca fortunatamente ai primi posti della classifica.

Benedetto Vertecchi, pedagogista di lunga esperienza, attribuisce questi risultati al lavoro fatto dagli insegnanti: “quelli che lasciano meno compiti a casa e ottengono migliori risultati probabilmente privilegiano alla scuola dell’adempimento quella dell’apprendimento”.

Secondo Vertecchi infatti ci sono delle buone pratiche una volta molto utilizzate in classe, che oggi per ragioni di tempo sono state abbandonate, come per esempio la lettura ad alta voce per gli studenti più piccoli. Secondo l’esperto infatti, l’insegnante dovrebbe curare di più la preparazione fatta tutti insieme in classe piuttosto che il lavoro domestico, individuale e svolto lontano dal resto del gruppo e dalla supervisione del docente.  Questo non significa che non ci sia bisogno di una fase di riflessione a casa sul lavoro svolto in classe, purché questo sia equilibrato e proporzionato. Un bambino che frequenta una classe a tempo pieno e che ha anche altre attività da praticare durante la giornata, deve avere la possibilità di svolgere tutto senza stress senza corse contro il tempo. Nelle lunghe pause, come quella estiva, è utile consigliare un libro, per avvicinare i bambini alla lettura, senza che questa diventi qualcosa di costrittivo o noioso.  

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