Il “caro ermo colle” di Leopardi compie 200 anni

116

L’infinito, una delle liriche più belle di tutta la letteratura italiana, compie 200 anni.
Venne composta da Giacomo Leopardi proprio nel 1819 e con il suo testo, così apparentemente semplice, eppure così ricco di significati profondi, rimane un’opera senza età, che continua ad emozionare i lettori di tutte le epoche e generazioni.
Attraverso i suoi versi Leopardi si rivolge all’uomo di ogni tempo, ad ognuno di noi, e ci porta in mondi lontani e remoti, in un’epoca in cui l’uomo sapeva ancora ascoltare i “sovrumani silenzi” e la “profondissima quiete”.
Durante i suoi lunghi e solitari pomeriggi, il giovane poeta saliva su quel colle vicino alla sua villa a Recanati, e si lasciava andare all’immaginazione, sognava di lasciare il suo piccolo paese che lui sentiva come una prigione, e che nella poesia paragona ad una siepe: l’ostacolo che gli impedisce di vedere l’orizzonte nascosto dietro di essa.
Ma è proprio grazie a quella siepe che gli nasconde la visuale, se la sua mente può spiccare il volo e concedersi il lusso di fantasticare mondi favolosi e lontani, che il suo sguardo non può vedere ma che la sua anima può sentire.
“Ma sedendo e mirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo; ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce Vo comparando: e mi sovvien l’eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei. Così tra questa Immensità s’annega il pensier mio: E il naufragar m’è dolce in questo mare.”
E dopo 200 anni, questa poesia è ancora in grado di trasportarci proprio là, su quel colle, in compagnia di un ragazzo triste e romantico, e ci permette di lasciarci andare e sognare insieme a lui.

Print Friendly, PDF & Email